La Repubblica / La Merda: Decine di Premi Vinti in Tutto il Mondo, non è uno Spettacolo. È un’Esperienza. Assoluta.
Giancarlo Vistilli, La Repubblica, 8 Dicembre 2013
La Merda, di Cristian Ceresoli, vincitore del Fringe First Award 2012 for writing excellence, fra le decine e decine di altri premi, vinti in tutto il mondo, non è uno spettacolo. È un’esperienza. Assoluta.
La grande abbuffata. L’Italia indigesta di Ceresoli-Gallerano.
È come entrare in un circo. La belva pronta, sul trampolo. Guarda, annuisce, ruggisce. Di fronte a lei, senza alcun riparo, tutti i domatori. Così il pubblico del Teatro Kismet OperA di Bari, sabato sera, ha vissuto uno degli spettacoli della sua stagione, fra i più attesi. A giusta ragione.
La Merda, di Cristian Ceresoli, vincitore del Fringe First Award 2012 for writing excellence, fra le decine e decine di altri premi, vinti in tutto il mondo, non è uno spettacolo. È un’esperienza. Assoluta.
Innanzitutto è un’esperienza di ascolto, perché il testo di Ceresoli è come lama tagliente. Un montaggio strepitoso, battente, senza tempo alcuno per il respiro, un ammontare di parole, suoni e ricercatezza, di rara bellezza, non solo fra gli scrittori teatrali. Il tutto affidato ad una donna (troppo poco), un’attrice (ma è di più!), una musicista (ma anche cantante) di difficile categoria. Perché Silvia Gallerano è tutto. È corpo, parola, suono, silenzio, sguardo. Merda. Non quella d’artista, a cui ci hanno educato certe culture snobistiche di un tempo che sempre ritorna. La Merda di Ceresoli e Gallerano è merda e basta. Vabbé, passi anche che ha a che fare con la merda descritta, prima di Ceresoli da tanti altri scrittori e intellettuali, fra cui è inevitabile una certa vicinanza agli scritti pasoliniani. Ma si può dire che Ceresoli va oltre. Soprattutto nell’attualizzazione di un contesto/testo che riesce a sopprimere, senza evitarla, ogni forma di nudità. Pertanto, Silvia Gallerano prende forma di scrittura. Il suo corpo si offre a tutte le modulazioni delle parole. La difficoltà del pubblico, di fronte, è solo quella di non comprendere, all’inizio, nel mentre, e quando sei di ritorno a casa, se sei stato controllore o controllato. Domatore o domato. Ceresoli e Gallerano son riusciti a obnubilare tutte le femme fatale a cui ci hanno seviziato un certo cinema, tanto teatro, ancora tanta finta letteratura a venire. La “femmina nuova” è oltre, perché in ogni luogo e persona che si rispetti, perché è posseduta dal desiderio della conquista, dall’esigenza dell’apparenza, dalla vitale predisposizione all’arrivismo. Tre desideri/conquiste, come i tre tempi della tragedia, qui trasmutati negli oggetti/soggetto della cronaca, non solo nera, tantomeno l’obsoleta nazionale: le Cosce, il Cazzo, la Fama. A fare da contrappeso alla stadera: L’Italia. L’Italia non più s’è desta, ma indigesta. Congestionata nelle sue più repellenti secrezioni politiche, sociali, culturali, religiose, ma cinta dell’elmo.
La Merda è fra le esperienze più importanti che in questo Paese oggi si possa fare. Di contro alla protervia delle centinaia di tavole rotonde, settimane a tema, convegni, film, libri, discorsi pubblici, politici, religiosi, sociali e chi ne ha più ne defechi, sul femminicidio, la condizione delle donne, ma anche degli uomini, dei diversi, dei “normali”, quello di Ceresoli e Gallerano è uno dei pochi modi e momenti in cui c’è quell’esatta, e non apparente, sensazione di nutrimento, crescita e liberazione da un flusso che tutti, in parte e in forme diverse, si è somatizzato. Ci ha imbruttiti, ingobbiti e intristiti. Per questo, l’esserci, dinanzi a tanta bellezza, perché questa è la cosa più grandiosa di La Merda, far diventare anche questa bellezza, è una forma di catarsi. Quella a cui abbiamo dato tutti suono e movimento, nei quindici minuti di applausi finali. Imperdibile.